Jade City. La saga delle Ossa Verdi by Fonda Lee

Jade City. La saga delle Ossa Verdi by Fonda Lee

autore:Fonda Lee [Lee, Fonda]
La lingua: ita
Format: epub, mobi, azw3
Tags: Fiction, Fantasy, General
ISBN: 9788804746096
Google: h4I_zwEACAAJ
editore: Mondadori
pubblicato: 2022-02-14T23:00:00+00:00


CAPITOLO

30

Il Tempio del Divino Ritorno

Il profumo di erba appena tagliata e fichi caramellati aleggiava sopra gli schianti e i grugniti della partita di relayball, insieme alle occasionali esultanze o mormorii di apprezzamento degli spettatori. Shae si fece strada in una sezione bassa della tribuna, popolata da tifosi dell’accademia Kaul Du, e si accomodò su un seggiolino vuoto. Diede un’occhiata al tabellone e vide che il risultato era in bilico. L’accademia era una scuola marziale che metteva in primo piano la prestanza fisica, ma negli sport professionistici non era consentito indossare la giada. La squadra avversaria proveniva da una grossa scuola cittadina che sfornava numerosi talenti per il campionato nazionale; erano senza dubbio ansiosi di mettersi in mostra contro delle future Ossa Verdi.

Shae cercò suo cugino in campo e, sulle prime, quasi non lo riconobbe. Non era più il ragazzino imbranato che ricordava. Anden si era irrobustito e sfoggiava un fisico da Osso Verde adulto. Indossava dei pantaloncini scuri e giocava nel ruolo di prima guardia; Shae lo vide che braccava il suo avversario mentre la palla volava verso la loro zona. L’altro giocatore spiccò un balzo per calciare la palla verso un compagno, ma Anden, più alto e rapido di lui, lo anticipò deviandola a mezz’aria. I due ragazzi si scontrarono e finirono aggrovigliati a terra, mentre la palla si fermava nella rete. L’arbitro fischiò ordinando un rilancio.

Il campo da relayball era composto da sette zone, separate fra loro da altrettante reti alte fino ai fianchi: cinque zone di passaggio, rettangolari, e due zone di meta, triangolari. Ciascuna zona era occupata da due giocatori, uno per squadra, che dovevano restare nell’area designata e da lì tentare di lanciare, colpire, calciare o far rimbalzare la palla, con qualsiasi parte del corpo, oltre la rete e verso i compagni; risalendo il campo, si raggiungeva la zona di meta della squadra rivale dove il pivot aveva il compito di scagliare la palla fra i pali della porta, difesa dal guardiano. Poiché il gioco consisteva, in sostanza, in una sequela di violenti scontri uno contro uno, c’erano ampie opportunità per maturare antipatie individuali o di squadra. Mentre Anden si rialzava, l’avversario che occupava la sua stessa zona gli scoccò un’occhiata e gli latrò qualche insulto alle spalle. Anden non si degnò di girarsi e rispondere alla provocazione. Piegò le ginocchia, pronto a riprendere il gioco, con gli occhi stretti e rivolti alla linea orizzontale, arancione, del sole al tramonto.

L’arbitro lanciò la palla, alta e dritta. Anden saltò per contrastare l’avversario con una spallata, poi allungò una mano, raggiunse la palla e la passò al compagno dall’altra parte della rete un attimo prima di finire a terra, placcato. Shae sbatté i piedi a terra, esultando insieme al resto del pubblico. Era colpita dall’eleganza e dall’aggressività di suo cugino in campo, dal suo atletismo pragmatico. Sembrava trattare il relayball come un lavoro, non come un gioco, mostrava poca soddisfazione per una bella giocata e si concedeva solo brevi smorfie dopo un errore. Shae riusciva già a immaginarselo come un Osso Verde, uno dei Pugni degli Zero Vette.



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